Il dott. Molho svolge una psicoterapia ad indirizzo psicodinamico (i due termini vengono usati come sinonimi).
Oggi la moderna psicoterapia dinamica si basa su una concezione della mente come “relazionale” nel senso che i fenomeni psicologici (normali e patologici), vengono spiegati sulla base delle esperienze affettive e relazionali che l’individuo ha avuto a partire dall’infanzia.
E’ come se queste esperienze significative dell’infanzia avessero creato dei “modelli operativi”, dei “modelli di relazione”, fra l’individuo e l’ambiente, che poi l’individuo continua ad utilizzare anche successivamente, quando il contesto relazionale e interpersonale è cambiato.
Questi modelli, che appunto qualche volta possono diventare disfunzionali, non sono però fissi e immutabili (seppure è vero che il nostro inconscio tende ad applicare rigidamente gli schemi che già conosce), ma sono soggetti a revisione e a riorganizzazione in tutto l’arco della propria vita.
E’ proprio su questo che si basa la psicoterapia dinamica, che integra i vari orientamenti della psicoanalisi contemporanea: il lavoro congiunto di paziente e terapeuta consente di creare quelle condizioni per modificare attivamente gli atteggiamenti, i comportamenti, tra se e il mondo esterno, che sono causa di sofferenza.
Ciò è reso possibile seguendo il principio, ampiamente dimostrato, che una maggiore conoscenza e consapevolezza dei propri meccanismi interni (e del rapporto fra la parte cosciente e i meccanismi profondi), consente di modificare quegli aspetti del nostro “carattere” che risultano dannosi.
La psicoterapia segue quindi il principio socratico del “conosci te stesso”, dell’auto-conoscenza.
Non si parla però di un auto-conoscenza di indole intellettuale, ma di qualcosa di più profondo che ha a che fare con una coscienza completa e un’accettazione emozionale di ciò che appartiene a se stessi, che in precedenza veniva rifiutato.
Questa conoscenza e questa integrazione con se stessi comporta appunto il superamento dell’ansia e della paura di se, quindi il superamento di tutti quei meccanismi ostili (negazioni, scissioni, repressioni ecc..) che l’uomo, per difendersi dalla sua ansia, mette in atto contro se stesso e che vanno nuovamente ad alimentare il proprio malessere.
E’ in questo modo che può essere raggiunto quel sentimento di pace con se stessi, di autonomia e autosufficienza, di capacità di amare, di saper sopportare le sofferenze non evitabili.
In questo tipo di lavoro una grande importanza viene data alla relazione terapeutica.
L’atteggiamento non giudicante, di rispetto, di accettazione vera e di partecipazione empatica da parte del terapeuta, consente al paziente di sperimentare una nuova relazione di fiducia che gli permette di abbandonare quegli schemi di interazione non più funzionali; schemi di interazione molto spesso costituiti sul bisogno di sentirsi amati o sul timore dell’abbandono.
Le “difese” che il paziente mette in atto nelle relazioni con gli altri vengono affrontate in vivo nell’ interazione fra paziente e terapeuta; per questo la psicoterapia è per prima cosa esperienza viva.
Questa prospettiva consente di superare la divisione tra “mondo interno” e “mondo esterno,” realizzando quindi un approccio che comprenda sia l’ambito intrapsichico, sia quello relazionale; nello stesso tempo viene sfumata la classica contrapposizione tra i vari orientamenti terapeutici, (psicoanalisi, psicoterapia cognitiva, psicoterapia sistemico- relazionale), in linea con la tendenza di questi ultimi anni.
Secondo Racker (1970), la psicoterapia:
“…è un mezzo per divenire ciò che si è, poiché essa null’altro fa che sforzarsi di restituire all’uomo ciò che gli appartiene e che lui nel corso della vita ha perduto, o non è stato capace di sviluppare, per il gioco dei conflitti interni e degli eventi esterni.”