La psicoterapia dinamica, ha lo scopo di produrre dei cambiamenti stabili nel paziente che non sono semplicemente relativi alla rimozione del sintomo.
Anzi, il sintomo portato dal soggetto rappresenta l’espressione evidente di una situazione di disagio e di conflitto che coinvolge la sfera personale e affettiva. Infatti le persone spesso soffrono non di un qualche particolare sintomo, ma per uno stato di conflitto per esempio che non riescono ad affrontare.
Potere conoscere le ragioni profonde dei propri conflitti, delle proprie paure, dei meccanismi di difesa ecc… permette finalmente una elaborazione di ciò che fino a quel momento era rimasto nascosto negli strati più profondi della persona. Per questa ragione la psicoterapia dinamica è definita una “terapia del profondo”, perchè cerca di comprendere quei meccanismi inconsci che poi arrivano alla superficie del nostro essere nei modi più disparati.
La differenza tra normalità e patologia in questo tipo di psicoterapia non è quindi relativa alla presenza o meno di una serie di sintomi, come nelle descrizioni tassonomiche classiche. Qui le differenze sono più sfumate, per esempio parlando del conflitto, Bowlby (1979) spiega che i conflitti non sono qualche cosa di patologico, ma che invece fanno parte di ognuno di noi. “.. come le ricerche sul mondo animale hanno dimostrato in modo inconfutabile, il comportamento di tutte le specie animali e non è il risultato di un conflitto pressocchè continuo fra impulsi contrastanti, e che quindi ne l’uomo come specie, ne l’individuo nevrotico come sottogruppo patologico hanno la prerogativa del conflitto. Ciò che caratterizza la malattia psichica è l’incapacità di regolare i propri conflitti in modo soddisfacente.”
Possiamo in altre parole dire che il criterio che distingue la normalità dalla patologia la si può definire in una differenza di “quantità” e non di “qualità”, infatti ciò che si riscontra nell’individuo più sano, lo si può ritrovare anche in quello più disturbato, l’unica differenza è che in quest’ultimo certe problematiche sono in misura maggiore da non essere gestibili in modo efficace.
Come dicevamo il sintomo, nella psicoterapia dinamica, va analizzato per comprendere quali sono i meccanismi, i conflitti sottostanti che lo hanno generato.
Facciamo un esempio sugli stati di ansia. Che cos’è l’ansia se non una paura per un pericolo che è dentro di me e che non so riconoscere? Infatti come la paura ha a che fare con un pericolo esterno ed ha un significato adattivo perchè permette all’uomo di proteggersi dai pericoli, anche l’ansia è una forma di paura, ma per qualche cosa di profondo, che la persona non è in grado di vedere ad occhio nudo.
Scopo della psicoterapia psicodinamica è quindi quello di rendere cosciente ciò che è nel profondo e che disturba la nostra esistenza.
Ecco come Loewald (1960), descrive questo lavoro: “lo psicoterapeuta struttura e articola..il materiale e le produzioni presentate dal paziente. Se l’interpretazione di un significato inconscio è tempestiva, le parole con cui il significato è espresso sono riconoscibili dal paziente come espressione di ciò che sprimenta. Le parole organizzano per lui ciò che era scarsamente organizzato e gli forniscono perciò quella “distanza” da se stesso che gli consente di comprendere, di vedere, di tradurre in parole e di “maneggiare” ciò che prima non era visibile, comprensibile, dicibile, tangibile.. l’analista funziona da rappresentante di uno stadio di organizzazione più elevato e se ne fa mediatore nei confronti del paziente, ciò è possibile nella misura in cui la comprensione dell’analista
è in sintonia con ciò che ha bisogno di essere organizzato e con il modo in cui deve esserlo.”
Ma questa psicoterapia deve essere necessariamente lunga? Certamente no, la Psicoterapia Dinamica Breve è riconosciuta in ambito scientifico come una forma di terapia basata sugli assunti della psicoanalisi, ma che permette un intervento più focalizzato sulle aree conflittuali e pertanto di minore durata.
BIBLIOGRAFIA
Bowlby J. “The making and breaking of affectional bond”Tavistock London, 1979 (trad Italiana: “Costruzione e rottura dei legami affettivi” R. Cortina, 1982
Loewald H.W. “L’azione terapeutica della psicoanalisi.” Trad. Italiana in: Riflessioni psicoanalitiche. Dunod, Milano, 1999 pp. 193- 222